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martedì 4 aprile 2017

Il cassone con dipinta la Caduta di Trebisonda

Il cassone con dipinta la Caduta di Trebisonda


E' un cassone nuziale fiorentino del XV secolo – oggi conservato nel Metropolitan Museum di New York - che, nella parte frontale, mostra dipinta la Caduta di Trebisonda.
E' segnalato per la prima volta in un articolo del Weisbach del 1913 come proveniente da casa Strozzi per la presenza delle insegne araldiche della famiglia (1). E' considerata opera della bottega fiorentina di Apollonio di Giovanni e Marco del Buono Giamberti.
In una variopinta scena di battaglia sono raffigurate due città: a sinistra Costantinopoli, identificabile dalla legenda e dall'accurata resa della topografia; in alto a destra Trebisonda, anch'essa identificata dalla legenda e, per la maggiore contiguità alla scena di battaglia, considerata come fulcro dell'azione.
Il tema raffigurato suggerisce quindi un termine post quem per la datazione (1461, caduta di Trebisonda) mentre la morte di Apollonio di Giovanni (1465) ne stabilisce uno ante quem.


Come già osservato la topografia costantinopolitana è molto accurata, sulla sponda opposta di un dilatato Corno d'Oro si distingue il sobborgo di Pera e più a nord, indicata come chastelo novo dalla didascalia, la fortezza di Rumeli Hisari fatta costruire nel 1452 da Maometto II sul versante europeo del Bosforo.
L'accuratezza topografica della ricostruzione della fortezza risulta evidente dal confronto con un suo schizzo realizzato da una spia veneziana all'incirca nel 1453.

Cod.membr.641, 1453 c.ca,
Biblioteca Trivulziana, Milano

Ben riconoscibile, sulla sponda asiatica, è anche il sobborgo di Scutari (l'antica Crisopoli) indicato dalla didascalia come Loscuterio).
 
Particolare della raffigurazione di Costantinopoli

All'interno delle mura di Costantinopoli si distinguono chiaramente la colonna di Giustiniano – priva della statua equestre dell'imperatore, come appariva già poco tempo dopo la conquista ottomana - e l'obelisco di Thutmosi III nella spina dell'Ippodromo. Ancora, in primo piano Santa Sofia, con la cupola e le due semicupole e, davanti ad essa e più bassa, la cupola di Sant'Irene. All'angolo nordoccidentale della città l'edificio a tre piani addossato alle mura è il palazzo delle Blacherne sul cui tetto sembra di veder sventolare il vessillo dei Paleologi,


a sinistra di questo un altro edificio coperto da cupola e a cui è addossato un porticato rappresenta molto probabilmente il katholikon del monastero di San Giovanni Battista nel quartiere di Petrion (2) mentre di più incerta identificazione è la chiesa a pianta basilicale con un tetto a doppio spiovente, eretta su un basamento a cui da accesso una scalinata di tre gradini. La chiesa presenta inoltre una facciata in cui si aprono tre portali, quello centrale dei quali sormontato da rosone e la didascalia la indica chiaramente come dedicata a San Francesco.

Nella rappresentazione di Trebisonda non si riscontra invece una altrettanta accuratezza topografica, sì che essa sembra corrispondere piuttosto ad un modello immaginario.
L'abbigliamento e l'armamento degli eserciti che si scontrano appaiono molto simili, differendo soltanto per la foggia dei copricapo: conici e, in alcuni casi, forniti di una falda ripiegata alla base o ornati da una piuma, per i trapezuntini; bassi ed ornati da una fascia bianca, a ricordare la forma di un turbante, per i turchi.
L'esito della battaglia è evidenziato dai prigionieri tapezuntini inginocchiati con le mani legate dietro la schiena nei pressi del campo nemico.

Andrea Paribeni (2001) ha però rilevato una serie di incongruenze in questa interpretazione:
1. L'ultimo imperatore di Trebisonda, Davide II Comneno, si arrese a Maometto II senza combattere. Non vi fu quindi alcuna battaglia (cfr. scheda L'impero di Trebisonda);
2. Maometto marciò su Trebisonda da Costantinopoli - quindi da ovest - e non da oriente come nel dipinto.
Ma è soprattutto la parola tanburlana che compare, appena sbiadita, nei pressi del carro che trasporta il comandante dell'esercito vincitore, a fargli avanzare l'ipotesi che l'esercito vittorioso proveniente da oriente sia quello dei mongoli di Tamerlano mentre gli sconfitti siano i turchi del sultano Beyazit I nella battaglia di Ankara (1402).
La presenza della città di Trebisonda – che comunque appare nel dipinto estranea alla battaglia (ad esempio non si notano soldati sulle mura) – andrebbe ricercata nella committenza che Paribeni fa risalire a Vanni degli Strozzi come dono nuziale per il matrimonio del fratello Ludovico con la figlia di Bertoldo Corsini e collega ad i suoi recenti interessi economici nella città di Trebisonda.
Il riferimento alla battaglia di Ankara alluderebbe inoltre ad una adesione del committente al progetto politico elaborato da papa Pio II Piccolomini intorno al 1458 di formare un'alleanza antiottomana tra i regni cristiani orientali di cui Unzun Hasan - il khan cristiano dei turcomanni di Ak Koyunlu (il Montone bianco) che aveva mutuato per sè proprio l'appellativo di nuovo Tamerlano - sarebbe stata la punta di diamante (3).

Note:
(1) Quando, circa un anno dopo l'articolo del Weisbach, il cassone venne acquistato dal Metropolitan Museum era però già privo di queste insegne. La provenienza da casa Strozzi sembra però confermata dall'impresa dipinta sulle fiancate laterali, un falcone ad ali spiegate appollaiato su un trespolo. Strozziere significa infatti falconiere.
 
 
(2) Sul monastero di San Giovanni Battista in Petra vedi scheda la chiesa di San Nicola al Bogdan saray, nota 2.

(3) Paribeni osserva che se da un lato un oggetto destinato ad un uso privato come un cassone può apparire poco adatto a veicolare un messaggio politico, dall'altro questo durante l'esposizione dei doni nuziali viene visto da tutti, ben prestandosi quindi al "doppio gioco" di un mercante fiorentino come Vanni Strozzi il cui animo si divideva tra gli interessi commerciali delle nuove relazioni che andava stringendo con gli ottomani e l'adesione allo spirito crociato.



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