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giovedì 29 agosto 2013

la guerra di guerriglia (540-549)

La guerra di guerriglia (540-549)
Nel giugno 540, dal momento che la caduta di Ravenna e la resa dei Goti avevano apparentemente posto fine alla guerra, in parte perchè cominciava a temere un suo pronunciamento ed in parte perchè aveva bisogno di lui contro i Persiani, Giustiniano richiamò Belisario a Costantinopoli dove il generalissimo giunse con al seguito come prigionieri Vitige e la moglie Matasunta nonché un nutrito gruppo di notabili goti e l'intero tesoro.
A differenza del suo ritorno dalla guerra d'Africa, l'imperatore non gli decretò alcun trionfo né riconoscimento pubblico.
Nel frattempo le cose nell'Italia riconquistata cominciavano a degenerare. I goti, sentendosi defraudati da Belisario, avevano eletto Ildibado loro re ed avevano cominciato a radunarsi intorno a lui a Pavia. Per sovrammercato, Giustiniano aveva inviato a Ravenna il logoteta Alessandro che, nel riordinare il sistema fiscale, aveva suscitato il malcontento delle popolazioni civili e dei soldati.
Nel giugno del 541 Ildibado viene assassinato da uno dei suoi ufficiali. Dopo il brevissimo regno di Erarico, eletto dai Rughi e assassinato dai Goti, nel novembre 541 Totila (Baduila), nipote di Ildibado e comandante della piazza di Treviso, viene eletto re.

Francesco Salviati, Totila, 1549 c.ca
Pinacoteca di Palazzo Volpi, Como

Rimproverati da Giustiniano per la loro inazione, i comandanti bizantini in Italia tengono un consiglio di guerra a Ravenna e decidono di muovere su Verona. Dodicimila uomini, al comando di ben undici generali, muovono sulla città veneta che non viene presa per i contrasti sorti tra i comandanti riguardo la futura spartizione del bottino. L'armata imperiale ripiega quindi su Faenza dove Totila, pur disponendo di forze molto inferiori di numero, la mette in rotta (primavera 542). In conseguenza della sconfitta i generali bizantini si ritirano alla spicciolata verso le loro piazzeforti.
L'esercito bizantino, guidato dai generali Bessa, Giovanni e Cipriano, viene quindi nuovamente sconfitto da Totila nella battaglia del Mugello e da questo momento i comandanti bizantini si chiuderanno nelle piazzeforti loro assegnate senza più affrontare il nemico in campo aperto.
Totila scavalca l'Appennino e porta la guerra nel Meridione che riconquista completamente lasciando agli imperiali la sola piazza di Otranto.
Nella primavera del 543, stremata dall'assedio si arrende Napoli.

Nel 544 Giustiniano inviò nuovamente Belisario in Italia in qualità di comandante in capo ma, dubitando della sua fedeltà, gli affidò pochissimi mezzi (il generalissimo dovette praticamente reclutare le truppe in Tracia e in Illirico a proprie spese). Verso la fine dell'anno Belisario arrivò comunque a Ravenna con la flotta. L'esiguità delle forze a sua disposizione non gli consentirà di affrontare il nemico in campo aperto e, per tutta la durata del suo secondo mandato, il generalissimo si limiterà a condurre una guerra di guerriglia spostandosi continuamente con la flotta là dove è più necessario intervenire.

Sul finire del 545, forte del possesso di Napoli da cui la flotta gota può intercettare i convogli inviati a rifornire la città, Totila assedia Roma. La guarnigione imperiale (circa 3.000 uomini) è al comando di Bessa, che si dimostrerà più occupato a lucrare denaro con la borsa nera rivendendo ai cittadini affamati le derrate alimentari accantonate per l'esercito che a difendere la città.
Quando una parte dei Goti si era già accostata alle mura, contro il volere di Bessa, Artasire e Barbacione – due bucellarii di Belisario che erano rimasti a Roma - uscirono dalle mura per combatterli: dopo averne uccisi molti, le truppe bizantine si misero all'inseguimento dei fuggitivi, ma caddero in un'imboscata subendo molte perdite, con i due comandanti che a stento riuscirono a salvarsi insieme a pochi altri. Da quel momento Bessa proibì tassativamente di effettuare altre sortite.
Nella primavera del 546, Belisario invia a rinforzare il presidio di Porto un piccolo contingente che tenta due sortite contro gli assedianti, entrambe fallite per la mancata collaborazione di Bessa.
La notte del 17 dicembre 546, approfittando del tradimento di quattro soldati isauri di guardia alla Porta Asinaria, l'esercito goto irrompe nella città eterna. La guarnigione bizantina, incluso il suo comandante, riesce comunque a trarsi in salvo per la gran parte abbandonando la città da un'altra porta.

Benedetto Bonfigli, La presa di Perugia da parte di Totila e sepoltura di Sant'Ercolano (1)
 Palazzo dei Priori, Perugia, 1461-1466.

Nell' aprile del 547, dopo che Totila si era spostato in Lucania con il grosso dell'esercito per contrastare l'azione di Giovanni, Belisario con un colpo di mano riprende Roma e vi si trincera con tutte le sue forze ricostruendo alla meglio le fortificazioni danneggiate dai goti (Procopio scrive che le mura erano state danneggiate per un terzo circa del perimetro e tutte le porte distrutte).
Raggiunto dalla notizia della caduta di Roma, Totila tornò precipitosamente indietro e tentò furiosamente di riprendere d'assalto la città venendo sempre respinto dai difensori e subendo gravi perdite. I goti ripiegano quindi verso la rocca di Tivoli tagliando tutti i ponti sul Tevere (eccetto ponte Milvio) per non essere inseguiti.
La guerra continuò senza azioni decisive per tutto l'anno successivo. Belisario inviò a Costantinopoli la moglie Antonina perchè attraverso la sua amicizia con l'imperatrice sollecitasse Giustiniano ad inviargli un congruo numero di rinforzi ma ella vi giunse quando l'imperatrice era già morta e riuscì solo ad ottenere che l'imperatore richiamasse il marito agli inizi del 549.

Mentre Giustiniano stentava a nominare un nuovo comandante in capo per l'Italia, nell'estate del 549 Totila cinse nuovamente d'assedio Roma.

Belisario vi aveva lasciato una guarnigione di 3.000 uomini al comando del suo bucellario Diogene. La città era ben preparata a resistere – Diogene aveva anche fatto seminare il grano all'interno delle mura per non soffrire la carestia – e per mesi gli assalti dei goti s'infransero contro le mura. La notte del 16 gennaio 550, la città fu nuovamente consegnata al nemico da traditori isauri che gli aprirono la Porta Ostiense e stavolta la guarnigione rimase intrappolata. Pochi riuscirono a trarsi in salvo e tra questi anche Diogene per quanto ferito. Paolo, il comandante della cavalleria, si asserragliò con 400 cavalieri nella Mole Adriana dove resistettero per i due giorni successivi. Poi Totila offrì loro di passare nell'esercito goto e tutti accettarono eccetto il comandante ed un soldato che furono lasciati liberi di andarsene dopo aver consegnato le armi e i cavalli.

Note:

(1) Dopo un lunghissimo assedio Totila conquista la rocca di Perugia probabilmente nel 548. Il vescovo Ercolano, che era stato il principale animatore della resistenza fu scorticato vivo, decapitato ed il suo corpo gettato fuori le mura. I suoi resti furono sepolti dai fedeli insieme a quelli di un fanciullo trovato morto nello stesso posto.

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