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lunedì 10 ottobre 2011

Monemvasia

Monemvasia


Sorge su un piccolo isolotto roccioso collegato alla terraferma da un ponticello (Monemvasia=unico ingresso) abitato fin dal VI secolo.
Malvasia (nome datole dai veneziani in omaggio al vino che vi si produceva) è costituita da due parti: un borgo su un piccolo terrazzo ai piedi della roccia (città bassa) e il Castello (città alta) sullo spazio piano nella parte superiore.

Dominio franco dei Villehardouin (1249-1263)
Nel 1246 Goffredo di Villehardouin pose il blocco alla rocca, ma la città si arrese solo nel 1249.

Impero bizantino e Despotato di Morea (1263-1460, dal 1349 con la creazione del Despotato di Morea passa sotto il controllo di questo)
Assieme ai castelli di Mistrà e del Maine torna ai bizantini come conseguenza della battaglia di Pelagonia.
Dissoltosi il Despotato, dopo un tentativo di farsi proteggere dai mercenari catalani ed uno di sottomettersi a papa Pio II Piccolomini, nel 1463 l'ultimo governatore bizantino, Nicola Paleologo, consegnò la città alla Serenissima.

Venezia (1463 - 1540)
Nel 1538 Solimano I Il Magnifico tentò inutilmente di conquistare il Castello e nel 1540 promise ai Veneziani una pace durevole in cambio di Napoli di Romania e di Malvasia. Il senato veneziano inviò Alvise Badoer come suo rappresentante ai colloqui di pace per raggiungere un accordo, dandogli mandato di cedere le due piazzaforti come ultima risorsa. Fin dall’inizio l’inviato si trovò di fronte ad una ostinata richiesta turca per Malvasia e alla fine dette il suo consenso. Un accordo di pace fu raggiunto e le due città passarono in mani turche.

Impero ottomano (1540-1690)
Nel 1690 i Turchi capitolarono dopo quattordici mesi d'assedio. Monemvasia fu l'ultima roccaforte ad essere espugnata nel corso della guerra di Morea (1684-1699).

Venezia (1690-1715)
Nel 1715 il comandante veneziano, Federigo Badoer, pare in cambio di una forte somma di denaro, cedette la roccaforte senza alcun spargimento di sangue. I Turchi non avevano una buona reputazione quanto al rispetto di accordi raggiunti in occasione di capitolazioni, in particolare per il loro sleale comportamento a Famagosta nel 1571, ma nella loro campagna del 1714-15 si impegnarono fin dall’inizio ad offrire delle condizioni di resa generose e a rispettarle. La loro politica si dimostrò molto efficace tanto che i comandanti veneziani demoralizzati e le loro truppe mercenarie cedettero rapidamente le loro fortezze.

Impero ottomano (1715-1821)
Nell'estate del 1821, dopo quattro mesi di assedio, fu la prima piazzaforte ad essere liberata dai patrioti greci.

***


La rocca di Monemvasia in un'incisione veneziana del 1687, quando era sotto la dominazione turca. Sulla sinistra si nota il ponte che univa la rocca alla terraferma.

Resti delle opere di difesa che sbarravano il ponte

La città bassa:

 Porta principale

Il rivestimento in poros della porta, la modanatura semicircolare delle mura e la torretta in poros a lato della porta ne testimoniano la fattura veneziana. L'incasso al di sopra della porta serviva per alloggiarvi il leone di S.Marco e la grande feritoia sovrastante permetteva il posizionamento di un cannone con cui battere la strada di accesso alla città.

 Bastione e Porta di Nord ovest.

Torre di sud ovest

Il bastione di sud ovest fu distrutto durante l'assedio del 1689-1690 e ricostruito dai veneziani come torre.


Porta e mura orientali viste dall'interno della città

Chiesa di Cristo Elkomenos (Cristo in vincoli)


   Secondo la leggenda fu fondata, come la chiesa di Santa Sofia, da Andronico II (1282-1328) – in realtà alcune opere marmoree risalgono invece al X sec. - deve il suo aspetto attuale ad una ristrutturazione veneziana del 1697.
La chiesa fu infine ristrutturata dopo la liberazione sul modello del rifacimento veneziano.
Prende il nome ad una icona che vi fu conservata fino alla fine del XII sec., quando l'imperatore Isacco II Angelo la fece traslare nella chiesa dell'Arcangelo Michele en Enaplo (Sthenia, Costantinopoli).
Sopra il portale è incassato il frammento del pluteo di una iconostasi raffigurante due pavoni che tengono tra le zampe un serpente che, insieme all'architrave marmoreo, dovrebbe appartenere alla chiesa originaria.
Il timpano della navata centrale termina con due gocciolatoi di foggia rinascimentale e presenta al culmine un cotto neoclassico a guisa di acroterio.
La chiesa ha una pianta basilicale a tre navate, preceduta da nartece. Le navate laterali sono separate dalla nave da archi a sesto acuto impostati su pilastri.
Sono visibili i due troni di marmo, sovrastati da una decorazione in gesso, usati dall'imperatore e dall'imperatrice per assistere alle funzioni.
All'angolo SO il nartece comunica con la sede episcopale, la cui porta è sormontata dal leone di S.Marco.



Chiesa della Panagia Myrtiodissa


Risale alla seconda dominazione veneziana (primi XVIII sec.) e fu edificata per l'Ordine della Vergine coronata di Mirto. La facciata occidentale è realizzata in pietra di cava ben lavorata. Al culmine della facciata è incastonato uno stemma di pietra, a lungo ritenuto dei Villerdhouin, il cui significato è a tutt'oggi oscuro (i fiori attorno alla croce potrebbero rappresentare quelli di mirto).



 Presenta una pianta a navata unica voltata a botte, con cupola centrale semisferica impostata su un alto tamburo. L'abside è coperto da semicupola ed è fiancheggiato da due nicchie con funzioni di pastoforia.





chiesa di Agios Nikolaos


   Fatta edificare nel 1703 dal medico Andrea Likinios, discendente di un illustre casato monemvasiota e rientrato dall'esilio di Corfù, come scritto nell'atto di fondazione nel campo triangolare sopra l'ingresso.
Presenta una pianta a croce latina inscritta. Le navate laterali terminano con absidi dando luogo alla tripartizione del santuario. Appaiono separate dalla nave da tre archi a sesto acuto impostati su pilastri.
Le finestre aperte sul fianco meridionale sono un'aggiunta del XIX sec. quando la chiesa assunse le funzioni di scuola (durante il secondo periodo turco fu invece utilizzata come armeria).
Nello spazio centrale si eleva la cupola semisferica su un tamburo in poros della medesima altezza.
Il portale, al di sopra del quale sono inseriti due rilievi marmorei (uno con inciso l'atto di donazione e l'altro con l'aquila bicipite) è circondato da poros con le caratteristiche modanature veneziane.

La città alta:
si estende sul pianoro in cima alla rocca, a duecento metri circa sul livello del mare e, data l'assenza di botteghe ed edifici commerciali, rappresentava prevalentemente un'area residenziale dove, all'interno di complessi abitativi articolati spesso racchiusi da un muro di pietra, vivevano le famiglie più ricche di Monemvasia. Quest'area fu abbandonata subito dopo la guerra d'indipendenza.

Porta d'accesso alla città alta e mura meridionali


 Il rivestimento in poros e la presenza della modanatura ne rivelano la fattura veneziana.



Subito dopo la porta si trova il corridoio dove prendeva posto il corpo di guardia. 
La luce rivela la presenza di un'apertura da cui era possibile rovesciare pece o olio bollente sul nemico.


Bagno turco edificato in prossimità di santa Sofia durante il secondo periodo ottomano.














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