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mercoledì 12 ottobre 2011

La spedizione in Morea di Sigismondo Pandolfo Malatesta (1464-1466)

La spedizione in Morea di Sigismondo Pandolfo Malatesta (1464-1466)

Sigismondo Pandolfo Malatesta
ritratto nel Corteo dei Magi di Benozzo Gozzoli (1459)
Cappella dei Magi, Palazzo Medici Riccardi, Firenze
 
 
Marzo 1464: Sigismondo Pandolfo Malatesta viene nominato dalla Serenissima capitano generale in Morea; gli è concessa una provvigione mensile di 300 fiorini ed una condotta di 1200 cavalli. Per la leva delle truppe riceve una prestanza di 80 fiorini per lancia, di 20 fiorini per ogni cavalleggero e di 3 fiorini per ciascun fante. La ferma è stabilita in due anni. Il cardinale Bessarione ufficia la solenne messa cantata nella basilica di San Marco, alla fine della quale si procede alla consegna delle bandiere e del bastone di comando.

Maggio: Incominciano i primi imbarchi per la Morea; da Rimini salpano prima 7 marani e dopo pochi giorni altri 6 carichi di soldati, per un migliaio di cavalli. Altri uomini, assoldati nel padovano, sono caricati nei porti di Conche e di Chioggia.

Giugno-Luglio: Si imbarca sulla galea del sopracomito Baldassarre Trevisan con una quarantina di giovani delle più note famiglie di Rimini in qualità di “squadrieri”, in realtà come ostaggi e pegno di fedeltà datigli dai cittadini. La dilazione della sua partenza è dovuta ad una congiura ordita da alcuni fuoriusciti con la connivenza del vescovo di Sessa, governatore pontificio della Romagna.
Prima di allontanarsi dall’Italia, Malatesta manifesta il desiderio che Venezia intervenga sul papa affinché gli siano restituite alcune terre nel contado di Rimini, come promessogli a suo tempo: la risposta è ovviamente negativa.
Dopo un viaggio di quattordici giorni, in cui tocca Pescara e Brindisi, attraversa il canale di Otranto e raggiunge il porto di Kalamata. A metà luglio è a Modone.
Assale Mitilene per terra e per mare: i turchi hanno la meglio e fra i veneziani sono uccisi il capitano del Golfo Angelo Pesaro ed altri sopracomiti.
Malatesta ha ai suoi ordini 4000 uomini tra cavalieri e fanti, invece dei previsti 3000 cavalieri e 5000 fanti. I soldati che ha a disposizione hanno inoltre il morale basso per il ritardo delle paghe, la mancanza di vettovaglie e di foraggio: inevitabili sono, pertanto, le violenze ai danni della popolazione locale che, spesso, invoca la protezione dei turchi a sua difesa.

Agosto: Presto si rende edotto della reale situazione delle sue truppe: non può riprendere le operazioni dal punto in cui le aveva lasciate Bertoldo d’Este (1) e cingere di assedio Corinto, perché gli mancano i mezzi necessari; cerca di ripristinare la disciplina facendo impiccare una ventina dei colpevoli dei maggiori crimini.
Fa imprigionare più di un centinaio di soldati riottosi agli ordini e rispedisce a Venezia in catene alcuni capitani; addestra all’azione le truppe per niente allenate e disposte alle fatiche ed ai disagi della guerra. Alletta, in particolare, i suoi uomini mandandoli a saccheggiare qualche borgata o castello controllato dai turchi; con successive incursioni recupera il braccio di Maina e, con un fortunato colpo di mano, si impadronisce della città bassa di Mistrà.

Settembre: mentre assedia la rocca di Mistrà, il sopraggiungere delle truppe di Omar bey lo obbliga ad uscire dalla città ed a trincerarsi in un posto vicino con terrapieni, fossati e con vari ostacoli o sbarre, tra alte scarpate di roccia viva. Malatesta, le cui truppe sono nettamente inferiori di numero, rimane costantemente sulla difensiva e permette ai suoi uomini solo qualche scaramuccia.

Dicembre: Decide di ripiegare da Mistrà, per una serie di motivi che vanno dallo scarseggiare di vettovaglie e di munizioni, alle malattie, all’avvicinarsi del freddo ed al rafforzamento dell’esercito nemico, che minaccia di chiudergli le vie del ritorno.
Fa trasportare in Italia i resti di Giorgio Gemisto Pletone che saranno inumati a Rimini nel Tempio malatestiano.
 
La Tomba di Gemisto Pletone nel Tempio Malatestiano di Rimini

Sotto una pioggia battente ed in condizioni climatiche altamente sfavorevoli, effettua la ritirata delle sue milizie per vie inusuali e meno sorvegliate dai turchi.
Strada facendo attacca Patimo, espugna il castello e ne fa a pezzi il presidio; fra le sue truppe, più di metà dei sopravvissuti si ammala di malaria; molti soldati muoiono per il freddo e la fame.

Gennaio-febbraio 1465: Ripiega su Modone ed anch’egli è colpito dalla malaria. Seguono aspri contrasti con il provveditore Andrea Dandolo, finché costui è revocato dal suo incarico per essere sostituito con Giacomo Barbarigo. La contesa con il Dandolo, d’altra parte, non è nuova, ma risale a dieci anni prima per una relazione sentimentale del Malatesta con la moglie di questi - Aritea Malatesta - e per il mancato pagamento della dote della donna, nonostante i suoi impegni formali. Si ferma a Nauplia a curarsi.

Primavera: Scoppiano disordini a Rimini, alimentati dalle notizie del suo cattivo stato di salute. Cerca pretesti per lamentarsi della situazione militare e protesta per la mancanza di mezzi per affrontare i turchi in modo adeguato. Guarito, non compie altro che una infruttuosa scorreria verso Corinto. Rapporti conflittuali, peraltro,  Malatesta li ha anche con il nuovo capitano generale della flotta Giacomo Loredan.

Luglio: Chiede di rientrare in Italia per un breve periodo ed ottiene un netto rifiuto.
A Kalamata, dove si trova trincerato da quasi un mese, decide di attaccare nuovamente Mistrà : non ne sortisce nulla per la troppa disparità di forze in campo a favore dei turchi.
Si sposta a Mantinea, dove sorprende un contingente di 1000 uomini in un accampamento presso la Caritina: sono uccisi e fatti prigionieri molti soldati. Il bottino ammonta a 10 padiglioni, 120 cavalli, 600 tra buoi e vacche, 2000 castrati e molti animali tra somari, muli e maiali.
Ritorna a Mantinea per la mancanza di foraggio per la cavalleria; contro il parere del Barbarigo, trasferisce il campo a San Sion, Kalamata, Castel Leone presso Corone, e, infine, a La Cosura verso Castelfranco.

Agosto: Porta più avanti le sue linee e giunge a Castri nei pressi di Mistrà: gli vengono contro 14000 turchi, si ritira a Corone e provvede al rafforzamento dei passi di accesso al braccio di Maina con alcune guarnigioni. Respinge da Longanico le truppe di Omar bey, che hanno iniziato ad assediare il locale castello.

Settembre-novembre: Ha a sua disposizione solo 1000 uomini fra cavalli e fanti: la maggior parte delle sue truppe, infatti, di fronte agli avversari sembra essersi quasi volatilizzata. L’evoluzione della guerra è tale che  Malatesta perde sempre più la stima dei veneziani; i rettori di Nauplia lo accusano di viltà e di corruzione. Le rimostranze hanno successo, per cui viene accettata la sua richiesta di licenza, nonché la domanda per la riduzione della condotta da due anni a diciotto mesi.

Dicembre: Rientra in Italia con 30 o 40 uomini : il resto delle truppe da lui raccolte lascerà la Grecia solo all’arrivo in Morea del nuovo governatore Girolamo Novello.


(1) Bertoldo d'Este aveva preceduto Sigismondo Malatesta nella carica di Capitano generale delle truppe veneziane in Morea. Gravemente ferito sotto le mura di Corinto era morto a Negroponte dodici giorni dopo nel novembre 1463.







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